venerdì 24 febbraio 2012

Della conclusione del Cammino invernale - Parte II

♦ II parte: maschere e risvegli ♦
I parte



Dalle radici pre-cristiane del "nostro" Carnevale al symbolum della maschera il passo è breve...
Ovvio che in questo post non pretendo di scrivere un trattato accademico sul simbolismo di questo complesso periodo. Non è davvero il mio intento né sarebbe questa la sede più opportuna...
Tuttavia il fil rouge che unisce queste suggestioni attraverso il tempo e lo spazio mi pare abbastanza evidente; e la maschera, devo ammetterlo, mi sembra l'immagine più evocativa, la più adatta a riassumere l'insieme di suggestioni che accompagnano il dipanarsi del Cammino nell'ultima fase dell'inverno.

Maschera come emblema di morte, come veicolo tra un mondo e l'altro - metafora estrema che è viaggio e superamento del limite.
Donato Bosca ricorda come l'etimologia del termine "masca" (la strega piemontese per eccellenza) possa essere ricondotta all'idea di metamorfosi cui il mascheramento presiede:
«Secondo questa teoria dal verbo arabo masakha, che in una sua accezione significa "trasformare in animale", si arriva al sostantivo maskh, che indica l'operazione stessa della trasformazione.»
La prima suggestione è dunque di tipo visivo e rimanda senz'altro all'immagine della maschera: le masche, infatti, amano ricorrere alla metamorfosi per portare a compimento i loro (nefandi!) propositi. Le si può incontrare trasformate in cane, gatto, caprone o gallina, nelle ore di "confine", quando la campagna è immota... e allora conviene recitare forte tutte le preghiere che si conoscono!
La seconda suggestione (a mio avviso più pertinente) è invece di tipo uditivo, legata alla parola:
«"Masca" è un nome occitano che indica lo stile malefico di alcune donne. Non sai che le streghe borbottano scongiuri? Murmurant carmina? Gli spagnoli dicono mascar per masticare, biascicare, da cui il verbo "mascellare", ossia bofonchiare insulti e orazioni.» (D. Bosca, Masca, ghigna fàussa, pp. 16-17)
Parola rovesciata - in quanto parola magica; parola travestita, mascherata, resa indecifrabile secondo i canoni del linguaggio comune.
In ogni caso la "maschera" ci riporta all'ou-topico, all'incontro fra mondi contrapposti e al tempo stesso comunicanti - incontro che conduce allo svelamento e non di rado alla morte.

Del resto, l'analogia tra la morte e la mascherata (la Morte mascherata!) è antica e percorre indenne i secoli: dalle maschere funerarie a quella di Medusa, per giungere sino a La mascherata della Morte Rossa di E. A. Poe:
«Nelle prime sei sale batteva febbrile il cuore della vita e le maschere turbinavano gaie. Così, di ora in ora, la festa si trascinò sempre più pazza, finché, d'un tratto, l'orologio non prese a battere la mezzanotte. Allora la musica cessò di colpo, i danzatori interruppero le proprie evoluzioni e ogni movimento si irrigidì. Erano ben dodici i colpi che la campana dell'orologio avrebbe dovuto scandire; ci sarebbe stato più tempo perché la riflessione si insinuasse nella mente dei più folli gaudenti.
Ed ecco, prima che l'eco dell'ultimo rintocco si fosse del tutto perduta nel silenzio, molti fra la folla ebbero modo di notare la presenza di una strana maschera, sin allora sfuggita all'attenzione generale. La voce di quella nuova presenza si sparse rapidamente attorno, sussurrata di bocca in bocca, finché dall'intera compagnia non si levò un brusìo generale di disapprovazione e sopresa, presto degenerato in esclamazioni di terrore, di orrore e di disgusto.»
(E. A. Poe, La mascherata della Morte Rossa)
E' lo sterminatore che ritorna, sempre - camaleontico e capace di camuffarsi dietro qualsiasi sembiante. Anche quello (paradossale, quasi ironico!) di una Mas(cher)a...

Eppure, perfino dalla morte profonda del periodo post-solstiziale ("carnascialesca" intorno a Candelora) si può rinascere. Lo impone la ciclicità del tempo.
In questa dimensione, dunque, il Risveglio diviene centrale. Senza risveglio, la morte/sonno sarebbe eterna - annullamento dell'io nel regno dell'ou-topia (che è poi la minaccia più temibile, sbandierata dagli sterminatori d'ogni tempo e luogo). Questo ritorno alla coscienza, alla "centralità", deve avvenire secondo modalità precise, passando (con il dovuto rispetto!) attraverso le necessarie pratiche di purificazione. Senza moderazione, silenzio e consapevolezza, il Risveglio (qualora dovesse avvenire) può risultare pericoloso, nefasto più del sonno medesimo.
Su questo argomento, ho in mente un paio di "rimandi visivi" che mi sembrano utili (pur nella loro semplicità) a spiegare ciò che intendo - un concetto (quello della pacatezza) che mi sta particolarmente a cuore. Le posterò al mio ritorno da Roma...
Per il momento mi fermo qui. :)

2 commenti:

AtheneNoctua ha detto...

Salve Canidia, questa sera ho scoperto questo preziosissimo blog! E nelle prossime sere, con la mia fedele tisana alla liquirizia a destra e la mia gatta Giuby alla sinistra mi leggerò con calma tutti gli interessanti articoli, volevo chiedere due cose: c'è un forum o qualche altra via che utilizzi per comunicare direttamente con chi segue questo cammino? Ho letto di un gruppo di lettura su FB, però se è possibile vorrei evitare di iscrivermi a FB perchè anche se è utile mi sta un po' antipatico come mezzo :) e se scriverai qualcosa sul prossimo 5 marzo, mi sono imbattuta qui infatti cercando fonti serie su questa ricorrenza, grazie! :)

Canidia ha detto...

Ciao e benvenuta! :) Il GdL è in fase di ristrutturazione... Non so ancora bene cosa ne farò! In ogni caso vi terrò informati...

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