venerdì 23 dicembre 2011

Del Solstizio - e dei nodi che vengono al pettine

Per i capelli ho sempre avuto una vera e propria fissazione. Basti pensare che non ho mai il coraggio di tagliarli e che uno dei miei incubi più ricorrenti è proprio di esserne privata a tradimento.
Così, la metafora dei nodi che vengono al pettine (che mi ricorda così da vicino la mia amatissima Giunchiglia!), per quanto banale, mi sembra perfetta per questo periodo pre e post solstiziale.
Non ho scritto nulla riguardo al mio Solstizio perché, quest'anno, la celebrazione è stata davvero molto (troppo, per parlarne su un blog pubblico!) personale.
Mi limiterò a dire che, nonostante alcune difficoltà manifestatesi durante le ultime settimane, mi sento pervasa dalla sensazione di stare percorrendo la giusta Strada e che tutto stia "quadrando" a dovere - come non accadeva da mesi.
Piccoli segnali, ancora e sempre. Oggetti che cadono, fagotti sigillati con erbe a me care, tagli, preghiere - e infine l'acqua. Che aiuta a dimenticare, che trascina via, nella notte, tutto ciò di cui è necessario liberarsi. Credo di aver cominciato a venire a patti, con questo elemento, a dispetto del mio essere cuspide...
E, da oggi, l'attesa. Del risveglio, di quei minuscoli movimenti sotterranei che riporteranno a noi la Gigantessa e la Vita.

Per tutte le persone a me care, spero che sia stato un Solstizio proficuo - che tutti abbiano lavorato al meglio e che, da qui a Candelora, potranno iniziare a vedere i frutti del lungo sonno (ri)generatore.

E dunque... felice Cammino a tutt*, ci risentiremo dopo queste feste - che non mi (ci) appartengono, ma che mi impegneranno un po'...

giovedì 15 dicembre 2011

Del lupo e dell'abete






Nella grecia antica la pianta elàte, ovvero l'abete bianco, era una pianta "lunare", sacra a Kaineìdes/Kaineùs, una ninfa che chiese a Posidone, suo amante, di essere trasformata in uomo. E' interessante sottolineare come il cambiamento di genere richiami il ritorno all'unità originaria. La vicenda di Kaineìdes fa da contraltare a quella dell'indovino Tiresia: da donna diventa uomo, per poi ritornare alla natura originaria. Un vero e proprio kyklos, che rimanda all'interezza.
Secondo il mito, la forza di Kaineùs era collegata all'abete, cui il guerriero tributava un culto personale. Per sconfiggerlo e abbaterlo, i Centauri (creature duplici) sono costretti a colpirlo ripetutamente con tronchi d'abete. Una volta ucciso, Kaineùs torna ad essere Kaineìdes. Il racconto, in questo senso, richiama l'immagine della morte del licantropo (altra figura duplice) che spesso, nei racconti popolari, dopo che è stato ucciso torna ad assumere sembianze umane.
Le piante solstiziali (ovvero sacre nel periodo compreso fra Calenda e Candelora) hanno come comune denominatore quello di rifarsi esplicitamente (attraverso signa ben precisi) all'alternanza che genera interezza, tipica del kyklos.
E' così per l'abete, legato indissolubilmente al guerriero/donna Kaineùs, lo era per il ciclamino...
Quanto all'elàte, lo ritroviamo nella "tradizione del ceppo" (che può anche essere di quercia, altro albero cosmico), che prevede una lenta consunzione del "ciocco" fino alla notte dell'Epifania: solo in questo modo il rito poteva essere di buon auspicio per la casa in cui era stato realizzato.


E' la duplicità (luce/oscurità, vita/morte, maschile/femminile, uomo/animale), dunque, a traghettarci verso le salubri sponde primaverili, verso il risveglio che avrà inizio con Candelora. E, nel periodo solstiziale, questa duplicità si impone alla nostra attenzione (o almeno alla mia!) attraverso segni inequivocabili (mi sento molto Maria, in questi giorni... e chi partecipa al GdL su Le streghe di Smirne capirà!).
Oltre che dalle piante solstiziali, in questo periodo mi sento molto "ispirata" dalla figura del lupo/licantropo, animale simbolo destinato ad accompagnarci fino alla purificazione/risveglio di Candelora (o dei Lupercalia, se vogliamo seguire il calendario romano pre-cristiano...).
Il lupo come figura archetipica della duplicità saggia (1), della conoscenza che unisce l'uomo all'animale e che non ha bisogno di molte parole. Non è un caso che, nel nostro mondo moderno (impaurito dall'arcano, sempre più asettico, inquinato e improntato verso l'unica logica del profitto), il lupo non trovi più spazio e sia stato spinto sulla soglia dell'estinzione.



«[...] lo sterminio dei lupi appare come uno dei tratti distintivi di una civiltà secolarizzata e artificiale, che ha negato o segregato, anno dopo anno, la morte, la malattia, la follia, il sacro» osserva Marco Veglia nel suo capitolo dedicato a lupi e volpi nell'interessante saggio Animali della letteratura - dove riporta anche la bella storia di Lopichis, antenato di Paolo Diacono, che qui ricopio come testimonianza dell'antico legame che unisce (univa?) l'uomo al lupo - oltre che come conclusione di queste mie riflessioni...

«Un lupo, messaggero del destino, aveva guidato l'avo di Paolo Diacono, Lopichis, per mostrargli il cammino che egli ignorava: il lupo lo precedeva, si voltava di frequente a guardarlo, lo attendeva come sua guida, come sentinella che ne vigilava il cammino. Quando Lopichis, secondo il racconto della Historia Langobardorum (IV, 37), ormai consunto dal digiuno, tese l'arco per uccidere il lupo e cibarsene, il lupo scomparve. Schivato il colpo, l'animale si sottrasse alla vista di Lopichis. L'uomo, lui solo, non il lupo, aveva tradito l'arcano legame che intrecciava i loro cammini.» (2)

Note(1) Per gli Esquimesi, il sole (e dunque la Vita) avrebbe avuto origine dalla lotta fra il Lupo bianco e il Lupo grigio: di nuovo il doppio, dunque...

(2) Aa.Vv., Animali della letteratura, a cura di G. M. Anselmi e G. Ruozzi, Carocci editore, Roma 2010, p. 156-157.

sabato 3 dicembre 2011

Ancora una volta la Luna nei Pesci...

La mia Clizia bellissima...
Ho imparato a essere criptica quando lo ritengo necessario; a raccontare, sì, lasciando tuttavia nel segreto ciò di cui è bene non parlare...
(Il taglio sulle nostre labbra non è forse il segno che il messaggero ci ha lasciato, imponendoci il silenzio?)
Così, qui dirò soltanto che Clizia se n'è andata - anche lei, dopo una malattia che è durata un paio di mesi.
*C.* e io siamo stati e stiamo molto male: poco importa che abbiamo la sensazione che un "Cerchio" si sia chiuso... Clizia non è più qui con noi e questo fa male, indiscutibilmente.

L'abbiamo affidata alla terra, al fico del nostro nuovo giardino. Una guida per i prossimi sentieri che percorreremo, un altro "fantasma felice" per la Casa del Mago.

Addio, Principessa... Sii serena nel tuo Viaggio.

«Dormi, dormi, gatto notturno [...]
Ordina tutti i nostri sogni,
Guida le tenebre nostre
Addormentate prodezze
Con il tuo cuore sanguinario
E il lungo collo della tua coda.»

(P. Neruda, Come dorme un gatto)