mercoledì 31 agosto 2011

Della magia antica - Parte IV

III parte

La pratica rituale del maleficio

Dopo aver specificato che cosa comprenda il termine maghéia nel mondo greco-romano (divinazione, culti misterici e magia nociva); dopo aver spiegato chi fosse il mago nel mondo antico, prendendo spunto dall'autorevole fonte del De magia di Apuleio; e, infine, dopo aver spiegato come e perché la magia fosse per gli antichi un vero e proprio tramite col divino, è giunto il momento di analizzare in breve l'argomento (affascinante quanto pericoloso) delle defixiones.

Le fonti sono numerose e vanno da Platone a Plinio il Vecchio, comprendendo un buon numero di papiri. Il più completo e particolareggiato di questi ultimi si trova oggi al British Museum e, nella sua parte iniziale (non copierò per intero le defixiones in questo post), recita:

«Io lego NN a questo o quel fine: ch'egli non parli, ch'egli non si opponga, ch'egli non possa né indagare né parlare contro di me... (ecc.)».

Le defixiones potevano essere di diverso tipo:

1) iudicariae, attraverso le quali il mago tentava di nuocere agli avversari nel corso di un processo; il corpus principale, di questo genere di rituali, proviene da Atene (V e IV secolo); ma ve ne sono anche provenienti dalle zone e dalle epoche più disparate;

2) amatoriae, che hanno lo scopo di suscitare amore nella persona desiderata (vedi le Trichinie di Sofocle);

3) agonisticae, che coinvolgono la contesa agonistica; numerose soprattutto in epoca imperiale;

4) defixiones contro ladri e calunniatori (numerosissime provenienti dal santuario di Demetra di Cnido);

5) defixiones contro avversari economici (papiri magici a partire dal IV secolo).


Bambolina utilizzata per una defixio egiziana.

Da notare che, in tutte le fonti, grandissima importanza viene attribuita al rituale in quanto tale (particolare interessante: come se il rituale in sé fosse un elemento "catartico", capace di "sciogliere" le resistenze razionali, per fare spazio alla maghéia, al "sollevamento del velo").
La prima fase, quella dell'enunciazione, si articola in tre punti: 1) l'enunciazione fatta in prima persona singolare ("Io lego ecc."); 2) il discorso rivolto a una determinata potenza divina (divinità ctonie, Ermes "che trattiene"...); 3) il parallelismo fra ciò che sta compiendo il mago e quanto si auspica accada alla vittima.
Le defixiones venivano in genere eseguite nei pressi di tombe o in santuari dedicati (come già accennato) a divinità ctonie (Demetra, Persefone, le Ninfe) - dunque in stretto contatto col mondo dell'aldilà: il movimento del maleficio, dunque, è un movimento verso il basso, verso il centro della terra - in netta opposizione coi culti ufficiali che, al contrario, si rivolgevano agli dèi superi e, quindi, proponevano un movimento ascendente. Il rovesciamento è un tratto distintivo della maghéia.
Il testo delle defixiones veniva scritto su lamine di metallo e interrato presso una tomba, allo scopo di renderlo duraturo (seconda fase). Le parole divengono dunque veicolo di morte.

«Prendi della carta ieratica o una lamina di piombo»

raccomanda un papiro conservato al British Museum, dove per "carta ieratica" si intende del papiro di ottima qualità. In alternativa, si potevano usare anche tavolette di cera.
In alcuni casi, si utilizzavano vere e proprie "figurine", simili alle bamboline vudù. In una tomba del Ceramico ateniese (databile 400 a.C.) è stata infatti ritrovata una scatoletta, chiusa da una lamina di piombo (con su scritta una defixio giudiziaria) e contenente una statuetta maschile (anch'essa in piombo), raffigurata con le mani legate dietro la schiena. Da notare che il coperchio della scatola è trafitto da due fori paralleli; il simbolismo è evidente: si vuole "legare" la vittima del maleficio, spingerla verso il regno dei morti. In altri casi (alcuni esempi sono conservati al Louvre) sono le statuine stesse, a essere trafitte dai chiodi.
L'atto centrale è, in ogni caso, il katadein, il "legare". Il legame col mondo ctonio deve essere (affinché la maledizione vada a buon fine) permanente e durevole e, affinché esso sia possibile, la figurina deve rispecchiare le caratteristiche fisiche della vittima (magia "simpatica" - seconda fase bis): per questo sovente la si ornava con unghie, capelli, frammenti di abiti.
Solo in questo caso poteva verificarsi quel "movimento verso il basso" capace di trascinare la vittima del maleficio verso la propria rovina.

«[...] che essa abbia le braccia legate dietro la schiena e sia inginocchiata, e che la materia sia fissata sulla sua testa o intorno al suo collo...» (rito egiziano).

[Continua.]

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