martedì 7 settembre 2010

Dell'acqua in Provenza

In Provenza ho incontrato i quattro elementi: la terra nelle rassicuranti, fertili colline del Luberon e nelle suggestive rosse terre di Roussillon; l'aria con il mistral, che ha iniziato a soffiare impetuoso a due giorni dal nostro arrivo (i miei cupi pensieri, guarda caso, hanno iniziato a disperdersi proprio all'arrivo del vento...); il "fuoco" nel rosso della già menzionata ocra di Roussillon; e infine l'acqua: nel mare della costa, certo, ma soprattutto nella sorgente di Fontaine-de-Vaucluse.

Le "chiare, fresce e dolci acque" di Fontaine-de-Vaucluse (sulla cui riva Francesco Petrarca aveva una bella casetta, completa di giardino) sgorgano da sotto terra e hanno origini antichissime: pare che risalgano addirittura al Cretaceo, alla fine dell'era secondaria.
Poiché il sottosuolo della Vaucluse è particolarmente ramificato, le acque infiltratesi attraversano gli strati calcarei e raggiungono una voragine fatta a forma di scafo di nave. Man mano che il livello cresce, le acque escono in superficie seguendo l'unico sbocco esistente: la falla (profondissima) di Fontaine-de-Vaucluse.


Il placido scorrere delle acque di Fontaine-de-Vaucluse.

Questa la "storia": nel piccolo, delizioso paese che circonda la "fontana" ho comperato un libretto che racconta tutte le tappe delle ricerche speleologiche.
Ma, al di là di questi particolari (pure interessantissimi, per i quali vi rimando al sito dell'Ufficio del Turismo di Fontaine), ciò che mi preme descrivere è la fortissima energhéia di questo luogo.
Molti artisti l'hanno percepita nel corso dei secoli. Parlo di Petrarca, naturalmente; ma anche di René Char, Chateaubriand...
L'energia dell'elemento acqua è femminile e purificatrice nella sua pericolosità.
Non mi sono mai sentita particolarmente a mio agio nelle strette vicinanze del mare o di un corso d'acqua: segno tangibile della mia scarsa dimestichezza con questo elemento. Tuttavia ne avverto la forza e, come dicevo, la purezza.
A Fontaine-de-Vaucluse, il rumore che provocano le piccole cascate della sorgente è catartico.
L'acqua è limpida e, sotto la sua superficie, le piante e le alghe, di un bel verde brillante, ondeggiano come capelli di donna.
Potrebbe uscirne una divinità femminile, pronta a ghermire e a trascinare. La seduzione di morte è fortissima: queste scintillanti profondità reclamano un tributo. Mentre sono seduta sulle loro rive, al sole, col mio quadernetto nero aperto sulle ginocchia, penso che la morte per affogamento sia una specie di regressione, un ritorno destinato a ri-solvere, sciogliere, liberare. Un percorso compiuto camminando all'indietro, con un dito sulle labbra.
Vedere un volto sparire nelle profondità della sorgente...

Già le popolazioni antiche si erano accorti del potenziale energetico, sacro, di questo luogo: i Galli e poi i Romani eressero numerosi templi e altari, per venerare la magnificenza (è il caso di dirlo!) di queste acque: nelle profondità della sorgente sono state ritrovate molte monete antiche (offerte alle divinità acquatiche) e, significativamente, nel 442 un decreto del Concilio di Arles precisa che «un vescovo non deve permettere che nella sua diocesi gli infedeli accendano torce o che adorino alberi, sorgenti o rocce»: segno che gli antichi culti erano ben lungi dall'essere stati abbandonati.
Nel 1974 fu scoperto in paese un piccolo altare votivo d'origine gallo-romana, rappresentante una divinità maschile guaritrice. Il dio ha grandi orecchie in cui sono stati prodotti dei fori, affinché sentisse meglio le suppliche dei suoi fedeli: la piccola sorgente del vallone pare che portasse guarigione agli occhi malati. E su questa proprietà dell'acqua di restituire la "vista" (con tutte le valenze semantiche che questo termine può avere) ci sarebbe da discutere parecchio...
Eros e thanatos si legano indissolubilmente in prossimità di questa sorgente: pulsione di vita (rigeneratrice) e, come ho già scritto, seduzione di morte (purificatrice): la morte quale via - unica e potentissima - di rigenerazione...


Il dio risanatore di Fontaine-de-Vaucluse.

S'egli è pur mio destino,
e 'l cielo in ciò s'adopra,

ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,
qualche gratia il meschino

corpo fra voi ricopra,

e torni l'alma al proprio albergo ignuda.
La morte fia men cruda

se questa spene porto

a quel dubbioso passo:

ché lo spirito lasso
non poria mai in più riposato porto

né in più tranquilla fossa

fuggir la carne travagliata et l'ossa.


(F. Petrarca, Chiare, fresche et dolci acque)

lunedì 6 settembre 2010

Delle parole, del silenzio

Avevo promesso che sarei tornata per parlare della Provenza - e già mi contraddico, perché questo post verterà piuttosto sull'importanza del SILENZIO.

Lo spunto mi è venuto da un bell'articolo di Nyctea, sebbene su questi argomenti sia solita arrovellarmi almeno una volta al giorno. ("Qualcuno" dice che io penso troppo: sappiate che sono illazioni!...)

Nel quotidiano noi tutti siamo subissati da suoni, imput, chiacchiere e distrazioni di ogni genere. Suggestioni forse affascinanti, ma tanto rapide ed effimere da non lasciare traccia alcuna nel nostro animo.
Viviamo in una società abituata a berciare, piuttosto che a parlare.



Il verbo parlare deriva dal latino parabola, che in origine aveva il significato di "insegnamento", "narrazione allegorica": la "parola", dunque, ab initio come trasmissione di sapere, piuttosto che quale vana e sciocca chiacchiera.

Oggi, per contro, pare che si debba parlare per forza: interpretiamo il silenzio protratto di un amico o di una persona amata come un atto di imperdonabile indifferenza e al tempo stesso godiamo di chiacchiere senza senso: pettegolezzi, banalità, battutine al vetriolo...
Non dico che ogni volta che si apre bocca si debba per forza produrre pillole di saggezza (lungi da me l'intellettualismo!), ma la vanità dei nostri tempi e il clamore che ci confonde, impedendoci di seguire il nostro sentiero e di distinguere il Vero dal Falso, il Bene dal Male, sono innegabili.

Per questo sarebbe utile (indispensabile!) rivalutare la Parola nel suo senso più prezioso: la trasmissione nei tempi corretti di un concetto utile.
Ho evidenziato "nei tempi corretti" proprio perché, al pari della parola, anche il SILENZIO è necessario.
Esistono rapporti umani (io stessa ne ho fatto e ne faccio tutt'ora esperienza) che procedono per anni - ed è logico pensare che si estenderanno per l'intera durata dell'esistenza terrena - proprio perché sanno rispettare i giusti tempi di connessione: lunghi silenzi, forse, che si aprono simultaneamente (dall'uno e dall'altro lato: è questa l'armonia!) in dialoghi fitti, soddisfacenti, carichi di spunti, informazioni - autentiche occasioni di crescita interiore... Ecco, in questi rapporti si riconosce la bellezza del Cosmo, la sua armonia superiore si riflette nelle piccole cose concrete, lasciandoci stupefatti e affascinati.
Non serve "esperienza" per stringere rapporti di questo tipo; forse una certa dose di fortuna nell'incontrare le persone giuste... ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano.
Occorre piuttosto pazienza e... un buon orecchio musicale. Dico "musicale" perché in questo caso come in musica e in poesia (poiesi!) è imperativo saper rispettare i tempi: i propri e quelli altrui. E, anziché cercare di costringere noi stessi e chi ci sta accanto in rapporti precostituiti, castranti (simili a tante piccole scatoline in cui dobbiamo per forza far entrare il nostro io e quello altrui), tentare di scorgere il sensum superiore che ci regola, mettendoci alla prova costantemente, e che di certo non obbedisce alle sciocche regole di questo mondo.

Parlo, sì, del "senso superiore delle cose", dell'ombra sfolgorante che sta dietro agli accadimenti di ogni giorni: nulla succede per caso. Dobbiamo sforzarci di com-prendere il symbolum e di non perdere la rotta che per noi è stata tracciata. Non parlo di destino - o di provvidenza: sono concetti che non mi appartengono. Parlo di connessioni, di liens, di compenetrazioni...
Parlo del velo che si solleva, lasciandoci abbagliati e folgorati.
Parlo del velo che si solleva - appunto - attraverso le giuste parole e i silenzi lasciati intatti...

Non so quanto ci sia di logico o di comprensibile in ciò che ho scritto.
Di certo, in questo momento, io ho ben chiara quale sia la direzione da seguire...

domenica 5 settembre 2010

Di quanto sia bello tornare - a patto di poter poi ripartire...

E anche questa volta sono tornata.
Carica di nuova potente Energhéia e di progetti che si affollano nella mente.
In Provenza ho sperimentato l'Acqua, l'Aria, la Terra e il Fuoco in una sinergia appassionante. Ora sento di essere più forte e determinata, meno ansiosa riguardo a ciò che dovrà accadere nel prossimo futuro (l'arrivo della Stagione Oscura, coincidente con la fine del mio contratto di lavoro ecc.).
Parlerò presto delle riflessioni che ho "prodotto" in viaggio e spero di riuscire a postare in tempi relativamente brevi (sono sempre così... "tartaruga" in queste cose!) anche qualche foto.
Per ora voglio solo scrivere di quanto sia meraviglioso riscoprirsi Vivi dopo un periodo di Sonno - e quanto sia perfetto (non riesco a trovare altri aggettivi) riflettere a un livello superiore sui fatti che ci accadono. Tutto è collegato. La rete, l'intreccio... non possono sbagliare. Il nostro cammino ci fornisce costantemente segnali, symbola... tutto sta a saperli interpretare!
Ho delirato? Forse sì!
In ogni caso... a presto...

Lo splendido "labirtinto" di © Jacek Yerka.