venerdì 4 giugno 2010

Digitalis Purpurea L.

La fioritura della digitale purpurea racchiude un fascino potente. Amore e morte. Non sorprende che, come racconta Maria Pascoli, sorella del più celebre Giovanni, le suore del convento di Sogliano esortassero le loro allieve a starne ben lontane.

«Un giorno, dopo la merenda e la ricreazione fatte all’aperto, noi educande con la nostra Madre Maestra c’incamminammo per un sentiero che aveva ai lati due giardini, uno cinto dal bussolo e l’altro senza veruna siepe. In questo scorgemmo una pianta nuova che non avevamo mai veduta, non essendo mai solite passare da quel luogo. Era una pianta dal lungo stelo rivestito di foglie, con in cima una bella spiga di fiori rosei a campanule, punteggiati di macchioline color rosso cupo: la digitale purpurea. La curiosità di poterla guardare bene da vicino e di sentire che odorava ci spinse a entrare nel giardino; ma appena ci fummo fermate presso la pianta, la Madre Maestra ci intimò di allontanarci subito di lì, di non appressarci a quel fiore che emanava un profumo venefico e così penetrante che faceva morire. Indietreggiammo impaurite e ci riportammo leste leste sul nostro cammino. Io rimasi per un pezzo con la paura di quel fiore velenoso, e quando si doveva passare nelle vicinanze me ne stavo più lontana che fosse possibile senza nemmeno guardarlo.»

(da Lungo la vita di Giovanni Pascoli)

Né che Pascoli stesso ne abbia fatto l'oggetto di una delle sue più celebri poesie, incentrata proprio sul tema dell'opposizione eros e thanatos.

«Io,»

mormora, «sì: sentii quel fiore. Sola
ero con le cetonie verdi. Il vento
portava odor di rose e di viole a

ciocche. Nel cuore, il languido fermento
d'un sogno che notturno arse e che s'era
all'alba, nell'ignara anima, spento.

Maria, ricordo quella grave sera.
L'aria soffiava luce di baleni
silenzïosi. M'inoltrai leggiera,

cauta, su per i molli terrapieni
erbosi. I piedi mi tenea la folta
erba. Sorridi? E dirmi sentia: Vieni!

Vieni! E fu molta la dolcezza! molta!
tanta, che, vedi... (l'altra lo stupore
alza degli occhi, e vede ora, ed ascolta

con un suo lungo brivido...) si muore!»

Intelligenza femminile, con la sua fioritura mi ha dato energhéia dopo un periodo di forte crisi. E' come se mi avesse richiamata, con vigore.
Morire per risorgere, per tornare a essere dopo la riduzione in milioni di frammenti. Il caos necessario alla generazione della vita, nella mia mente, nel mio corpo, nella Natura tutta...
Il caos che è conoscenza e visione:

«Vedono. Sorge nell'azzurro intenso
del ciel di maggio il loro monastero,
pieno di litanie, pieno d'incenso.

Vedono; e si profuma il lor pensiero
d'odor di rose e di viole a ciocche,
di sentor d'innocenza e di mistero.»

Il "vedere" conduce alla realtà "altra" (inacessibile ai comuni esseri umani, raggiungibile per mezzo dell'occhio poetico - o di intelligenze superiori), alla vita oltre la morte.

«Piangono, un poco, nel tramonto d'oro,
senza perché. [...]
In disparte da loro agili e sane,
una spiga di fiori, anzi di dita
spruzzolate di sangue, dita umane,

l'alito ignoto spande di sua vita.»


La mia digitale. Maggio 2010.

Nome:
Digitalis Purpurea L.
Famiglia: Scrophulariaceae
Diffusione: Europa centro-meridionale. Viene coltivata nei giardini (è una pianta tipica dei cottage garden) ed è altresì presente in natura allo stato selvatico. Cresce nei boschi e nei prati.
Descrizione: pianta erbacea biennale. Durante il primo anno di vita produce una "rosa" di grandi foglie color verde scuro con margine dentellato. Da queste, nel secondo anno, parte un alto fusto, che produrrà una ricca serie di campanule rosa-fuxia.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Eccomi qui...ti seguivo su splinder!ricordi stregabeltane?
Ti ho spulciato tra i blog di Lamia!
Felice

Canidia ha detto...

Certo che mi ricordo! Ben ritrovata, carissima! :)

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