venerdì 27 febbraio 2009

Della fascinazione del sangue - parte III: il sangue femminile

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il tabù del sangue femminile (mestruale) è un'eredità lasciata al cristianesimo dall'antichità classica (patriarcale), segno tangibile del timore maschile nei confronti della forza generatrice della donna.
Così, se nel Levitico leggiamo che le donne mestruate erano - per volontà divina - considerate impure e socialmente "pericolose" (i rapporti sessuali con tali donne erano vietati, pena l'espulsione dal nucleo sociale d'appartenenza) sette giorni al mese, allo stesso modo nella Storia naturale di Plinio (morto nel 79 d.C.) si raccomanda di evitare qualsiasi contatto con donne e ragazze che avessero il loro ciclo, giacché i figli concepiti in simili occasioni erano destinati a nascere malati, morti o col "sangue infetto" (7, 15, 18).
Isidoro di Siviglia (morto nel 636 d.C.) ribadisce nella sua enciclopedia intitolata Origines un luogo comune ancora in voga ai giorni nostri [*]:

«[Il sangue delle mestruazioni] se lo si tocca non germinano frutti, i fiori appassiscono, le erbe inaridiscono, [...] il ferro arrugginisce, il rame diventa scuro, i cani diventano idrofobi...»

(Isidoro di Siviglia, Origines)

Prima ancora che discriminatori nei confronti della donna, gli effetti nefasti del sangue mestruale ci ricordano quelli derivanti dalla collera delle divinità ctonie femminili. A titolo di celebre esempio, basti citare le Eumenidi di Eschilo, in cui le Erinni, incollerite per aver perso la causa contro Oreste, minacciano di far seccare fiori ed erba, di rendere sterile la terra e il grembo delle donne e di contaminare tutta la città di Atene con un morbo terribile e pestilenziale.


Gustave Doré, Erinni
Gli effetti devastanti del sangue mestruale vengono ribaditi (sempre accompagnati da un atteggiamento di disprezzo che non del tutto cela un vago timore nei confronti della donna fertile) nel '200 (in pieno Medioevo, dunque) dal famoso predicatore Bertoldo di Ratisbona:

«Nessun figlio concepito in tale periodo ti procurerà alcuna gioia. O sarà indemoniato o lebbroso o epilettico o gobbo o cieco o curvo o muto o scemo o deforme».

Nella Chiesa d'Oriente la condanna nei confronti delle donne mestruate è ancora più rigorosa che in quella occidentale: qui veniva loro tassativamente impedito di avvicinarsi al "corpo e al sangue di Cristo", mentre in Occidente la legislazione era alquanto discordante e, talvolta, permetteva alle donne di prendere la Comunione nonostante avessero le loro "regole".
Gli stessi divieti valevano per le puerpere che, anzi, erano considerate con ancora maggiore diffidenza dalle mestruate: poiché risultava evidente che avessero provato il piacere carnale e perché incarnavano, più di tutte, il pericolo del "potere" generativo femminile.

[*] Forse sarà difficile crederlo, ma io stessa, all'Università, ho avuto un professore di biblioteconomia che non permetteva che le sue preziose cinquecentine fossero toccate dalle ragazze, poiché temeva che qualcuna di noi avesse il ciclo. Lo disse chiaramente davanti a tutta la classe e per un attimo credemmo che stesse scherzando. Ahimé, non scherzava affatto...

martedì 17 febbraio 2009

Della fascinazione del sangue - parte II

Contrariamente a quanto può sembrare (qualora ci si lasci suggestionare dal comune immaginario), il sangue e il suo utilizzo per fini magici è la quintessenza della Vita, che torna ad affermarsi all'interno di un ciclo inestinguibile.
Va infatti osservato che, contrariamente a quanto tramandatoci dalla letteratura ottocentesca, il vampiro è, sin dalle origini, una creatura di sesso femminile. Lo è la celebre lamia della Vita di Apollonio di Tiana (II-III sec. d.C.); lo è Lilith, demone meridiano capace di suggere le energie vitali dell'uomo sino a condurlo alla morte.


Lilith di Hon John Collier, 1887

«La donna diceva: «Taci e vattene», pretendeva di essere disgustata a questi discorsi, e derideva i filosofi e le loro vuote ciance, ma quando i boccali d'oro e ciò che aveva parvenza d'argento risultò non essere altro che aria, e tutto svanì alla vista, e i coppieri, i cuochi e tutta la servitù scomparvero agli scongiuri di Apollonio, lo spettro fingeva di piangere: pregava di non torturarlo e di non costringerlo a rivelare chi fosse. Poiché quello insisteva e non lo lasciava libero, ammise di essere un vampiro e di saziare Menippo di piaceri per poi divorarne il corpo. Era infatti sua abitudine cibarsi di corpi belli e giovani, poiché il loro sangue è più puro.»

(Filostrato, Vita di Apollonio di Tiana)

Il desiderio estremo del vampiro è di prolungare la propria esistenza oltre la morte: l'ostinazione della vita, per quanto blasfema, è innegabile.
Non solo: nonostante l'impurità dell'atto della suzione (chiamato "poppisma" dai demonologi esperti di vampirismo), l'assunzione del sangue da parte della lamia o empusa, è un vero e proprio atto di purificazione, per quanto temporanea.

«L'essere immondo, proveniente dal regno dei morti, attira nella sua magione [...] giovani puri e innocenti, proprio per depurare il suo immondo sangue con quello puro dei giovani.»


(P. Orvieto, Labirinti, castelli, giardini - Luoghi letterari di orrore e smarrimento)

Dobbiamo considerare che la Vita di Apollonio di Tiana è stata scritta in un'epoca già fortemente intrisa di misoginia; l'eco degli antichi culti matriarcali è tuttavia innegabile. Durante l'esecuzione di questi riti, il "re", uomo, veniva sacrificato e il suo sangue sparso sul terreno, allo scopo di propiziare la fertilità dei campi. Tracce di questa cruenta usanza sono riscontrabili nel mito di Penteo sgozzato dalle Baccanti: anche in questo caso l'efferato delitto ha una funzione catartica, ovvero purificatrice.
La Mater richiedeva un tributo di sangue (maschile) per condurre il ciclo vegetativo. In epoche successive, le società patriarcali, spaventate dal mistero e dalla forza del Femminile, trasformarono questo sacrificio in atto demoniaco.

Il Femminile viene ad assumere in questo modo una duplice valenza: da un lato vi è la donna del mondo "diurno", inibita dalle convenzioni sociali e sottomessa all'uomo; dall'altro la femmina del mondo "notturno" (ctonio), erede di Ecate, che non risponde ad alcuna legge morale e che suscita nel suo antagonista maschile il terrore ancestrale della Magna Mater.
Ella non è solo il demone; è la Gigantessa, la Maga, la Grande Vagina che tutto inghiotte allo scopo di mantenere in equilibrio la ruota della vita. Il grembo femminile è detentore di un potere che l'uomo non può scalfire - e questo potere passa attraverso il sangue, che è sangue mestruale e sangue dell'assassinio, inteso come rito di rigenerazione.

mercoledì 11 febbraio 2009

Della magia delle parole - Parte I

Spesso mi rendo conto che il mio interesse per la letteratura e la parola scritta può apparire poco inerente alla fede religiosa e al mio amore per la Magna Mater - più simile a un gioco intellettuale che all'afflato del credente.
Questa convinzione non è sbagliata solo per ciò che mi riguarda, ma anche (e soprattutto) perché trae origine da un'errata valutazione del mezzo poetico; che è, in un'unica soluzione, strumento affilato e magnifico della mente umana e primo vero atto magico della storia.
Fin dalle origini, infatti, la magia si è espressa attraverso la "legatura" delle parole che, cadenzate e catartiche, avevano la possibilità di aprire mondi "altri" e di soddisfare la volontà dell'operante.
Andando avanti nei secoli, con l'affinarsi del mezzo espressivo, la parola poetica diviene veicolo di conoscenza - dove per Conoscenza si intende la discesa del divino nella natura umana. E', in breve, l'in-vasamento: il poeta, otre vivente e pulsante, accoglie la divinità dentro di sé, divenendo tutt'uno con essa e acquisendo la capacità di "vedere" e di mostrare ciò che ha visto agli altri uomini.
Esiodo, nel proemio della Teogonia, è molto chiaro in merito: le parole sono ispirate dalle Muse ed è a queste divinità che il poeta si rivolge per conoscere la verità, in modo da poterla tramandare.

Beato il mortale caro alle Muse:
a lui fiorisce dalle labbra la voce [...].
Figlie di Giove, salvete, l'amabile canto a me date;
e celebrate la stirpe dei Numi che vivono eterni,
che nacquero dalla Terra, dal Cielo gremito di stelle,
e dalla buia Notte: nutriti altri furon dal mare.
E dite come prima la Terra ebbe origine, e i Numi
nacquero, e i Fiumi, e il Mare che irato si gonfia, infinito,
e sfavillanti gli astri nell'alto, e l'amplissimo Cielo.


(Esiodo, Teogonia)

La poesia - dunque - come Conoscenza.
E la Conoscenza come atto generativo, produzione di Verità e di Realtà (alternative?).

G. Courbet, L'origine du monde

Ecco che, legato al significato originario del termine poesia (dal greco poièo: compongo, invento, produco, faccio), il gesto poetico - fatto di cadenze ritmiche, capaci di rapire la nostra mente e la nostra attenzione - acquista una nuova arcana valenza...

Aggiornamento del 14 aprile 2009
Nella puntata de Il Terzo Anello del 13 febbraio 2006, Carla Fioravanti raccoglie la testimonianza di un'anziana signora, che racconta i suoi ripetuti incontri con la "fattucchiera" Lidia: quest'ultima avrebbe affermato che «Il corpo è fatto di sillabe».

lunedì 2 febbraio 2009

Candelora (preludio)


La collina di Rosignano, all'inizio dello scorso autunno.
La dipartita della luce e il suo ritorno.

Foto di Cristiano.

La mia impazienza è stata messa a dura prova, quest'anno.
Proprio oggi ha nevicato di nuovo e la campagna è tornata all'immacolato candore delle settimane precedenti.
La terra è fredda e bagnata - un humus che, nonostante tutto, prelude al risveglio.
Mi sembra di sentirlo.
Non è solo nelle prime pianticelle che iniziano a spuntare nel semenzaio -
né nella smania del cuore e delle gambe, che hanno voglia di andare, di tornare a percorre i sentieri noti e scoprirne di nuovi, con la frenesia del "conoscere-e-vedere" che ritrovo (intatta) ogni primavera.
Non solo, no.
E' piuttosto simile a un brulichìo sommesso
a un vociare lontano
di chi è rimasto al caldo, nascosto per questi lunghi mesi sotto la coltre spessa e indurita della Terra.
Mi ripeto che il torpore non durerà a lungo.
La Gigantessa sta ancora dormendo, è vero; ma già - immensa dentro e sotto la Terra che le appartiene - ha allungato il suo corpo poderoso scostando le zolle, facendo fremere di linfa rinnovata le radici degli alberi. Nonostante il gelo, ha tratto il suo primo sospiro.
Un anelito sottile come il filo di una ragnatela ricoperto di brina -
il Respiro che mozza il nostro,
richiamo improvviso, campana di adunata che non possiamo fingere di non udire.
Al secondo movimento inizieremo a contare i giorni...