sabato 19 dicembre 2009

Dei guardiani del tempo

I rapaci sono per me i guardiani del tempo, l'ho scritto qualche giorno fa.
Insieme ai felini (grandi e piccoli), ai serpenti e agli squali, sono fra gli animali che maggiormente mi affascinano e ai quali sento di essere legata (spesso in maniera incomprensibile) da un filo rosso.

(Non si tratta di amare un animale... Amo il mio cane, che è fonte inesauribile di gioia, amo i miei gatti... Ma quando parlo di legame indissolubile intendo qualcosa di ancestrale, di emozionante e sconvolgente, che riguarda una particolare specie e non un singolo esemplare. Quell'ineffabile miscuglio di sensazioni possenti e inebrianti che mi coglie quando scorgo il volo di un falco o ammiro l'appostamento di una leonessa, pronta allo scatto...)

I rapaci, dicevo.


La poiana che incontro ogni mattina andando a lavorare: il suo saluto silenzioso è quasi un monito a saper attendere...

Il primo vero "incontro" con questi predatori lo ebbi sette o otto anni fa, quando ancora abitavo in città. Ero in giro con Mickey per il mio quartiere, quando, rientrando, mi accorsi di una bianca presenza appollaiata su uno dei rami più bassi della pianta che cresceva nel piccolo giardino condominiale dei vicini.
Era un barbagianni: bianco e impassibile, uno spettro in una notte di maggio.
Mickey, come me stupito di trovare un simile animale nel nostro rumorosissimo quartiere, ha sollevato lo sguardo per osservarlo meglio (la coda e le orecchie dritte, ma senza abbaiare: come me, il mio cane sembrava pieno di rispetto per questa candida apparizione) e il barbagianni ha ricambiato, seguendoci senza muoversi - finché non siamo scomparsi dalla sua vista.

Conservo ancora oggi intatto il ricordo di questa epifania.
Da allora, ho cominciato a documentarmi in maniera quasi febbrile su gufi e barbagianni, ricercandoli di notte, sulle colline.
Quando mi sono trasferita in paese, ho scoperto con gioia l'esistenza - all'ingresso del centro abitato - di un albero secolare che, all'inizio della primavera, si copre di nitticore, garzette, gufi e barbagianni. Sentirli gridare nella notte, incuranti dei pochi passanti che attraversano la piazza, è un'esperienza che non si può descrivere con semplici parole, in un post.

Le apparizioni dei rapaci, diurni e notturni (ormai purtroppo decimati dall'inquinamento delle nostre campagne), rappresentano un segnale, un signum.
Poiché pochi altri animali concentrano in sé la volontà e i ritmi della Signora dei Crocicchi.
Vita e morte (come dimenticare il falchetto che, due anni fa, venne ad uccidere un passero proprio nel mio cortile? Per quanto triste sia stato per me lavare il sangue del povero animaletto dalle piastrelle davanti all'uscio di casa, lessi quell'improvvisa irruzione nella calura estiva come un manifestarsi folgorante dell'altro), estate e inverno, oscurità e luce, tutto essi indicano con silenzioso riserbo - per chiunque sappia comprendere il linguaggio eterno che va oltre le parole.
In questa stagione (che da sempre vivo con poca serenità, nella smaniosa attesa del ritorno del Sole e della Pienezza), la mia guida è una poiana: rapace diurno, non a caso.
La vedo ogni mattina, recandomi al lavoro; appollaiata sopra un cartello segnaletico, un palo della luce, oppure ritta in mezzo a un campo.
L'ultima apparizione è stata proprio in mezzo alla neve: il suo piumaggio fulvo, in mezzo al biancore accecante della campagna immacolata era un vero e proprio monito - un inno al prossimo risveglio...

4 commenti:

Finnicella Blu ha detto...

Anche io ho un legame particolare con i rapaci, per la precisione con i notturni.
Mi sono immersa anche io in vari libri , ma hai qualche lettura particolare da consigliarmi sull'argomento?
Grazie:)
Un abbraccio
Finnicella Blu

Mandragora della Tana ha detto...

Adesso che sono tornata, non dirmi che hai smesso di scrivere..... come stai? novità?
Un abbraccio :)

Canidia ha detto...

* Finnicella: per quel che mi riguarda, ho sempre dato un taglio particolare agli studi sugli animali, andandone più che altro a ricercarne i simbolismi. Da questo punto di vista, ti consiglio senz'altro "Le strutture antropologiche dell'immaginario", di Durand, Dedalo edizioni.
Grazie a te per l'interesse! :)

* Mandragora: ma no che ci sono! Ero solo in vacanza... :) Qui tutto bene - inverno permettendo...

NycteaNoctua ha detto...

Il mio primo incontro con un rapace è stato quello con la Civetta. Non la dimenticherò MAI! Successivamente, una notte di Maggio (come successe a te con il Barbagianni) ho raccolto dalla strada un Allocco, è morto tra le mie braccia prima che riuscissi a portarlo alla LAC. Era bellissimo, grande e maestoso. Anche lui non lo dimenticherò MAI. Lo onoro sempre...Grazie per questo post. Buona notte.

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