domenica 28 dicembre 2008

Corrispondenze

«La Nature est un temple où de vivants piliers
Laissent parfois sortir de confuses paroles;
L’homme y passe à travers des forêts de symboles
Qui l’observent avec des regards familiars.
Comme de long échos qui de loin se confondent
Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et comme la clarté,
Les pafums, les couleurs et les sons se répondent.
Il est des parfums frais comme des chairs d’enfants,
Doux comme del hautbois, verts comme les prairies,
- Et d’autres, corrompus, riches et triomphants,
Ayant l’expansion des choses infinies,
Comme l’ambre, le musc, le benjoin et l’encens,
Qui chantent les transports de l’esprit et des sens.»

Charles Baudelaire, Correspondences

Lei chiama, giorno dopo giorno. Non può farne a meno - così come la maggior parte degli Uomini non può fare a meno di ignorarLa.
Coloro che non odono e che non sanno sono morti mentre respirano, rinnovano la fine ad ogni alba e ad ogni amplesso.
Chi ascolta, chi riesce a udire, oltre il frastuono, la voce della Signora che chiama

(fra lo stormire delle foglie e l'abbaiare dei cani alla Luna,
nel silenzio greve dell'inverno e nelle serate tiepide di primavera,
lungo i sentieri che si perdono nei boschi, a ridosso delle colline,
dove donne bizzarre calcavano la polvere a piedi nudi, borbottando preghiere e maledizioni,
parlando col vento,
danzando con i conigli)

invece, vedrà schiudersi di fronte al proprio sguardo incredulo la Foresta dei Simboli, dei Richiami, delle immagini che si ripetono, degli echi che sfidano il tempo e i secoli.
Non vi è mai capitato di sentirvi predestinate. Non vi è mai capitato di sentire (e sapere) che il sangue caldo che vi scorre nelle vene è antico quanto la Terra - e forte, come la Terra.
E' linfa, il vostro sangue; e ha un corso impetuoso, che vi trasporta indietro, giù, lungo le radici dell'Albero, simile a un torrente in piena, capace di spezzare gli argini e travolgere la piccolezza del quotidiano.
Siete più che donne.
Siete streghe.
Avete cavalcato folli nelle notti d'agosto, sulla groppa di un grosso gatto o di un montone. Se aprite il palmo e vi annusate la mano, potete ancora sentire l'odore del pelo del vostro famiglio.

Gli animali, sì. Loro conoscono e vedono. Condividono con noi un segreto vecchio quanto il mondo: me lo ripeto ogni volta che, nelle serate di equinozio o di solstizio, il gatto mi chiede con insistenza di uscire e il cane fa avanti e indietro, inquieto, davanti alla porta d'ingresso.
La sentono camminare per la campagna, col suo strascico di polvere.
Quando posso La seguo. Quando ho troppo freddo (o troppa paura) mi limito ad ascoltarne i racconti.
A volte sono gli alberi a sussurrare in Sua vece. Altre volte è il fuoco, che al contempo mi ammonisce e aspetta sempre che io torni a casa - in ogni senso.
Altre ancora il Suo canto è nel vento, nella nebbia che attraverso la mattina, nel barbagianni che si solleva in volo di colpo, nella notte, illuminato dalla luce della mia torcia. Ascolto il suo grido, gli rispondo col silenzio.
Vado alla ricerca di segnali, di indizi, symbola: ogni volta che ne raccolgo uno, sul mio sentiero, si rafforzano la mia convinzione e la mia appartenenza, la mia testardaggine da melagrana.


Fotografia © Cristiano

martedì 23 dicembre 2008

Inverno - Parte II

Pochi giorni fa, una mia collega, parlando di un torto da lei stessa subìto e per il quale dovrà ricorrere a vie legali, ha detto: «Ho trovato un avvocato civilista bravissimo, specializzato nelle cause intentate dai soggetti più deboli, come le donne sole...».
Io non mi sono mai sentita un "soggetto debole"; né in passato, quando ero effettivamente sola, né oggi, che ho un compagno.
Non hai mai preteso di essere difesa da nessuno, perciò oggi non lo chiedo a *lui*.
Rivendico per me la testardaggine di tante donne, lontane nel tempo o nello spazio.
Rivendico la forza di quelle donne-streghe che a lungo hanno lottato, passando alla storia - oppure smarrendosi nell'oblio della memoria.

Oggi non è stata una bella giornata.
Nonostante la positività con cui avevo cominciato ad affrontare il freddo dell'inverno, questa mattina mi sono arrivate due brutte notizie - di quelle che tolgono il fiato.
Non starò a dilungarmi, non voglio assomigliare a un romanzo di Dickens: la parte dell'eroina lacrimevole non mi si addice.
Dico solo che potevo aspettarmelo: il periodo che va da Calenda alla Candelora ha sempre avuto per me un sapore nefasto.
E' come se le tenebre tentassero di soffocarmi: ogni anno la stessa sensazione di angoscia.
Devo affrontarla a muso duro, se voglio uscirne.

Ecco, allora, che quella forza tutta femminile, magica, stregonesca

(quella forza che ho sempre saputo di possedere e che, tutto sommato, è il lato buono del mio carattere bizzoso)

torna a essere utile - indispensabile per sopravvivere.

Non so essere diversa, non so essere altro che questo fascio di nervi pronto allo scatto.
Verso qualche lacrima, ma non mi dichiaro sconfitta. Non lo farò ancora per molti anni. Fino a quando non dirò, come oggi ha detto mio nonno: «Sono stanca di essere stanca».

Fino ad allora tenderò forte le mie mani e le braccia, per far diradare le tenebre; e riderò, canterò, farò ironia a voce alta, per rendere meno intollerabile il peso del silenzio.

E' una promessa.

sabato 6 dicembre 2008

Inverno - Parte I

- Inverno - Parte I

Sono molto stanca, in questo periodo. Le giornate brevi, la nebbia che sale fin dalle prime ore del mattino e che trasforma il paesaggio in un limbo, uscire di casa col buio e tornare che è ancora più buio - e freddo.
Sarà per questo che al mattino faccio sempre più fatica ad alzarmi e che la sera andrei volentieri a letto alle nove, se solo non dovessi preparare la cena e mangiare.
Sarà per questo che mi è sempre più difficile occuparmi delle mie passioni: la scrittura, lo studio, la gestione del sito e del blog...
Sono latitante e inaffidabile, me ne rendo conto; ma confido che andrà meglio con la bella stagione. Del resto, la primavera non ha mai deluso le mie aspettative.

(E ci penso spesso, in queste giornate di neve e di gelo, al sole d'aprile, alle colline assolate, al profumo dell'erba e della terra rigogliosa... Ci penso più di quanto sia ragionevole fare, rischiando di ammalarmi di nostalgia.)

Eppure...
Eppure sono grata, a questa stanchezza e a tutti gli impegni di lavoro cui sono costretta a tener fede (adesso, mi sono arrivati altri due contratti: uno per il biennio integrato e uno per l'apprendimento dell'italiano da parte di studenti extracomunitari: così, lavorerò anche il sabato mattina): perché in questo modo la mia mente è impegnata e non bada troppo al Generale Inverno e alla malinconia che ha sempre suscitato in me. Non ho tempo, per la tristezza. E va benissimo così.

E poi quest'anno mi sembra che vada decisamente meglio: questo sarà il primo Natale che io e *lui* trascorriamo insieme nella nostra casa e mi sono scoperta più serena di quanto non fossi in passato. Questa mattina ho persino acquistato alcune decorazioni per il nostro nuovo albero...
Decisamente insolito, da parte mia.