domenica 27 luglio 2008

La Chiesa dichiara guerra ai blogger

Dopo la lettera aperta (vergognosa) al giornale locale della mia città per protestare sul fatto che Valentina (la ragazza suicidatasi dopo uno stupro: ne avrete sentito parlare anche in tv) avesse ricevuto dal parroco di Casale Monferrato regolari funerali cristiani; dopo l'anestesista che si rifiuta di praticare l'iniezione di antidolorifico a una donna che sta abortendo perché "obiettore di coscienza"; dopo la storia allucinante di Cristina, a cui viene impedito il soggiorno in un agriturismo perché "viaggia sola, mentre noi, qui, accettiamo solo famiglie" (!!!)...

... dopo tutto questo arriva, a confermare - caso mai ce ne fosse bisogno - la sterzata bigotto-destrorsa in corso nel nostro povero Paese, la guerra ai blogger che si azzardano a esprimere dissenso verso il Papa e il Vaticano.
Ricordate un certo bannerino molto diffuso sui blog di persone critiche verso la politica del Vaticano, in cui compariva Paparatzinger con un ghigno stampato sul volto e la scritta: "Il Papa condanna questo sito?". Bene, dietro segnalazione della Curia alla Polizia, questo banner è stato rimosso dal Web.



Qui trovate l'articolo sulla vicenda, scritto dal realizzatore stesso del famoso "Papa-banner".

Ho poi approfondito la questione Papabanner censurato con la polizia (il ritardo è dovuto alla mia difficoltà nel collegarmi). Vengono fuori due cose, una rassicurante, una inquietante. La prima è che non c’è una vera denuncia come mi era stato detto, ma solo la minaccia di una possibile azione legale, ovvero qualcuno ha contattato la polizia e gli ha detto che avrebbe potuto procedere se la cosa non rientrava. La questione inquietante è che io pensavo che a farlo fosse stato uno di quei mitomani senza nulla da fare se non venire ad insultarmi sul blog. Invece si tratta della Chiesa stessa. Esatto. Questo spiega molte cose, come ad esempio il perché la polizia non li ha mandati al diavolo per questa sciocchezza.

La polizia postale mi ha detto che non c’è una vera denuncia, ma che “esponenti della Curia” li hanno contattati manifestando il loro disappunto ed eventualmente dichiarandosi pronti a denunciarmi. Così la polizia ha avvisato il servizio di web hosting che ha prontamente bloccato tutto.

Perciò sulla mia testa pende la minaccia della denuncia della Chiesa. Il motivo? Sembra diffamatorio che il Papa scomunichi siti che parlano di temi laici e atei. Anime candide. Non era abbastanza chiara l’ironia: pensano che io tenti surretizziamente di far passare la falsa informazione che il Papa abbia DAVVERO scomunicato il mio blog. Chissà quanti gonzi ci sono là fuori che pensano: “ehi, il Papa ha scomunicato il blog di un signor Nessuno!”.

Ma visto che mi piace assumere, anche solo per amor di retorica, che nessuno sia così stupido, vediamola sotto un altro rispetto: forse che il problema non sia magari la DIFFUSIONE del banner? Ci sono più di 500 siti che l’hanno esposto e ricevo ogni settimana nuove adesioni. Sono onorato che la cosa li abbia disturbati. Perciò è facile: si contatta la polizia e gli si dice: “questa cosa non ci garba”, quelli lo dicono al web hosting: “guardate che la Chiesa potrebbe denunciare un vostro cliente” e quegli altri bloccano subito tutto, non sia mai che finiscano anche loro nelle grinfie di Bagnasco. Semplice. L’autore è un povero studente spiantato che ha fatto una ragazzata, lo si intimorisce e la smette, il banner poi ormai è scomparso.

Tutto vero. Era una ragazzata. Però queste cose mi fanno uscire dai gangheri: l’arroganza dell’intimidazione (“figurati se questo ha i soldi per pagarsi un avvocato e rischiare il processo”) e la censura della libertà di espressione.

Il poliziotto mi ha detto che non succederà nulla se le cose rimangono come adesso, ma che io sono libero di rimettere il banner, sapendo però che c’è qualcuno che potrebbe denunciarmi per questo. Questa non è proprio censura in effetti, ma un modo tutto italiano di ottenere lo stesso risultato: non è che ti impediamo di fare una cosa, tu la puoi fare, ma sappi che se lo fai dovrai vedertela con gente molto più potente di te che, magari anche a torto, può vincere in tribunale perché si può permettere dei buoni avvocati.

Sposterò i banner su un server americano, li renderò a prova di “ambiguità”, darò al banner una pagina tutta sua fuori da questo blog (se la merita) e scriverò a tutti i siti che si schierano dalla parte dei laici e a quelli che combattono per la libertà di espressione. Non che mi aspetti assistenza giuridica, non sono un martire e questo non è un grande caso. Ma mi basta il passaparola e l’indignazione di quanta più gente è possibile. Sono sicuro che se avessi il sostegno (anche solo verbale) di molte associazioni gli passerebbe la voglia di intimidirmi.

Per questo, se voleste segnalarmi nei commenti a questo post qualunque sito/associazione che difende i diritti d’espressione e la libertà di parola (o qualunque sito in generale pensate possa essere interessato a questo caso), sarò lieto di mandare anche a loro una copia della lettera che sto preparando con la mia storia.

E qui trovate il post sul blog di Narciso, che ha segnalato la vicenda (grazie!!) e fornisce qualche indicazione in più sul caso. Fate girare la voce il più possibile, in modo da dimostrare al Vaticano e alle nostre solerti forze dell'ordine che non riusciranno a metterci a tacere tanto facilmente: è una vergogna!!!

venerdì 18 luglio 2008

Mustéria

I culti misterici si svolgevano in Attica sempre di notte, durante la luna calante.
Nella tenebra più completa, quindi - densa come solo la notte dell'antichità lontana (priva dell'abbaglio che caratterizza i moderni centri abitati) poteva essere.
Il termine "mistero" deriva da mùstes, "iniziato" e dal verbo muéo, "iniziare". Quest'ultimo, a sua volta, deriva da mùo, "chiudere gli occhi".
La connessione fra conoscenza e cecità, impossibilità a vedere, è fin da subito evidente.
Gli iniziati ai Misteri Eleusini nella notte chiudevano gli occhi: così incominciava il loro viaggio, a ritroso nell'interiorità e avanti, verso la dimensione dell'ou-topia, di ciò che non può essere compreso, se non pagando un prezzo molto alto: la vista umana.


Oper your eyes, di © Scott Austin

Sono ciechi infatti i grandi sapienti, i poeti in-vasati, ciechi gli indovini. Per i Greci, la conoscenza passa attraverso lo sguardo e lo trasfigura. Chi vuole conoscere (e vedere) resta abbagliato, irrimediabilmente. E' una cicatrice, un marchio impresso nella retina.
Per questo, secondo Esiodo, i rituali misterici sono «terribili a vedersi» (Le Opere e i Giorni, 756).
E per questo Pindaro scrive:

Felice chi entra sotto la terra dopo aver visto quelle cose: conosce la fine della vita, conosce anche il principio dato da Zeus. (Fr. 137)

La dimensione femminile "ctonia", generatrice e distruttrice (alfa e omega), è la verità che non può essere svelata, se non in determinate circostanze. In questo senso il gesto simbolico del "chiudere gli occhi" da parte dell'iniziato (gesto che richiama da vicino, in un ripetersi devoto, l'atto di indossare il velo compiuto da Ctonie, nel mito raccontato nel post precedente) risulta particolarmente significativo: è l'incipit che apre la strada, il cammino circolare che conduce alla risoluzione - e dunque la fine.

mercoledì 9 luglio 2008

Mater edax

Racconta un mito arcaico tramandato da Feracide che Zàs (= Zeus) e Ctonie celebrarono le loro nozze e che, nel giorno del loro sposalizio, Zàs regalò alla dea un grande velo, su cui erano ricamati la Terra e l'Oceano, invitandola a indossarlo. Ctonie accettò e si coprì col manto.

Il gesto di Ctonie, il suo velarsi allo sguardo del mondo creato è l'unico modo per fare conoscere agli uomini ciò che per natura è inconoscibile.
Zàs sposa Ctonie, dea terrena - o, meglio, sotterranea - che, dopo aver ricevuto il dono del marito, diventa semplicemente Gea, la Terra, la superficie, che tutti possono vedere e comprendere.

La profondità invisibile di Ctonie è la verità delle cose, che possiamo leggere [solo] attraverso il velo di Zàs. (R. Peregalli, La corazza ricamata - I Greci e l'invisibile, Bompiani, Milano 2008, p. 34).


Marina Abramovic, The tree

L'uomo, in quanto tale, non può che osservare la superficie delle cose e limitarsi a intuire la dimensione abissale del divino.
Divino che è un principio non ascrivibile al cielo o alla luminosità rassicurante di un compenso promesso (paradisiaco), bensì all'oscurità sotterranea della mater edax - principio che divora, tritura, inghiotte per poi rigenerare.
La verità di Ctonie (e della donna, in generale, se si pensa con quanto sforzo e tenacia gli uomini abbiano, nei secoli, tentato di opprimere, domare, addomersticare le loro compagne di vita) è troppo grande e terribile, per essere accettato. E così il sottosuolo si trasforma nella terra prolifica, la dea potente (che richiede un tributo di sangue, per poter generare ancora e ancora) trasfigurata nella solare dea delle messi.
Ctonie (unica dea) è l'abisso che si spalanca, di fronte alla fragilità umana. E' la vagina dentata, il volto nero, la danza sfrenata... L'uomo non può fissarne il volto meduseo, pena la morte. Per questo Ctonie si copre, affinché i figli nati dalla sua unione col Cielo possano intuire, se non possedere.