martedì 24 giugno 2008

Le streghe delle colline

Ora che è scoppiato il caldo, ora che l'aria è tornata a farsi pesante di quell'umidità che noi piemontesi ben conosciamo, per quanto spossata dall'afa, osservo il paesaggio con affetto e riconoscenza, come se fossi tornata a casa dopo un lungo viaggio.

In questa terra i racconti che parlano di strij, fantasmi e misteriose apparizioni sono numerosi, a volte terribili e tutti hanno il sapore della terra grassa, dell'acqua piovana, dei campi deserti nel mezzogiorno.
Si sussurrava, nelle stalle, che fosse poco saggio piantare tre alberi di noce sullo stesso terreno, perché sarebbe potuto diventare il luogo prediletto per i convegni delle fattucchiere. Qualcun altro, a quel punto, ricordava di essere stato costretto a far benedire il proprio albero di fichi, perché di notte, accanto alla pianta, erano solite passarci le streghe, per recarsi ai loro convegni coi diaulon.
Camminano, le streghe. Battono paesi e campagne. Si nascondono fra i rami degli alberi (sono anche quelli "alberi della vita?"). E si trasformano. Possono assumere sembianze animali, diventare pianta, sasso, oggetto pericoloso, pronto a ferire e mutilare. Come scriveva Apuleio nel suo Asino d'Oro, in questo ambiente impregnato di magia antica, tutto può apparire diverso diverso da ciò che è in realtà. Specie nei momenti di passaggio e transizione: le ore più calde del giorno, quando la mente e la vista (nel riverbero della luce intensa, accecante) possono confondersi - e la notte, quando l'oscurità rende uniforme la campagna e paurosi quei sentieri che vengono percorsi quotidianamente.

E' allora che le streghe si muovono, che vanno in giro a raccogliere erbe, gettare sortilegi su coloro che le osteggiano, rapire bambini: ognuna ha la sua peculiarità. Malevole o malinconiche, vecchie o giovani, reali o immaginate. Alcune sono donne la cui identità è storicamente attestata, tramandata di bocca in bocca nel corso degli anni. Altre sono semplici leggende, presenze evanescenti al pari dei fantasmi - ma più sanguigne e inquietanti, come solo la voce roca della Terra può esserlo.
Si deve aver paura, ad attraversare la campagna da soli.
Io stessa ho provato quella sensazione, nei caldi pomeriggi d'estate, quando il "demone meridiano" è in agguato.
Restare in piedi, immobili, di fronte a un sentiero deserto, a un prato o un campo assolati e dire a se stessi: «Vai avanti, adesso. Prosegui, non potrà accaderti nulla». E' semplice. Eppure il cuore ha rallentato i suoi battiti e un brivido - leggero, ma innegabile - corre lungo la schiena. Che cosa ci sarà dietro la curva, oltre quell'albero di gelso, fra i filari delle vigne. Cosa, fra queste colline...


Foto di Cristiano